Israele, i costi economici della crisi a Gaza

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La cancellazione dei voli è il colpo di grazia per un settore turistico israeliano già in ginocchio a causa dell’esplosione della nuova crisi a Gaza. Mercoledì mattina l’aeroporto Ben Gurion, vicino a Tel Aviv, era ancora semi-deserto.

Questo nonostante le rassicurazioni delle autorità, le quali hanno chiesto la rimozione del blocco imposto dalle autorità per l’aviazione civile americane e ribadito l’efficacia del sistema di difesa anti-missile “Iron Dome”.

“L’aeroporto Ben Gurion è il posto più sicuro d’Israele”, sostiente il portavoce dei gestori della struttura Ofer Leffler.

“In questo momento ci sono circa 80 voli verso Israele cancellati. Speriamo che, nelle prossime ore, le compagnie cambino idea e ricomincino a volare verso Israele”, aggiunge.

Difficile, però, che vengano raggiunti gli obiettivi fissati in primavera, quando i vertici del settore prevedevano un’estate da record.

Il 2014 potrebbe vedere un calo delle entrate superiore al mezzo miliardo di dollari, il 35% di visitatori in meno rispetto ai 3,5 milioni dell’anno scorso, e una perdita per la compagnia di bandiera israeliana di 50 milioni di dollari.

Un colpo per l’economia dell’intero Paese, considerato che, nel 2013, il turismo ha generato 11 miliardi di dollari, circa il 4,5% del Prodotto interno lordo.

A Tel Aviv le spiagge ed i locali sono vuoti e le persone rimaste preferiscono rimanere vicini ai rifugi.

E mentre qualcuno accusa Hamas di aver mirato volutamente all’aeroporto per causare un danno economico, gli esperti ricordano i costi per gli altri settori: il manifatturiero, ad esempio, ha registrato perdite per 75 milioni di euro in soli 8 giorni.

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