“Il giornalismo non è un crimine”, “la libertà di stampa non può essere messa a tacere”: centinaia di persone con queste parole protestano contro il processo a 17 giornalisti del quotidiano turco Cumhuriyet, davanti al tribunale di Istanbul dove vengono giudicati per sostegno a organizzazioni terroristiche. Gli imputati rischiano fino a 43 anni di carcere.
“Con questo processo si vuole criminalizzare il giornalismo, si vuole punire chi parla apertamente”, denuncia Steven M.Ellis, direttore comunicazione International Press Institute. “Se ci riescono qui allora lo rifaranno ancora ancora e ancora”.
Processato in contumacia anche l’ex direttore del quotidiano di opposizione laica, Can Dundar, esule in Germania: “Sono orgoglioso dei miei amici detenuti che resistono e difendono il giornale e il loro diritto a esprimersi e a difendere la verità”.
I giornalisti di Cumhuriyet sono accusati aver aiutato organizzazioni terroristiche come il PKK e il movimento del predicatore Gulen, quello che il presidente Erdogan considera come l’ideatore del fallito golpe di luglio 2016.
“Il governo vuole distruggere un simbolo di giornalismo critico e d’inchiesta”, commenta Reporter senza frontiere Turchia.