Come ogni domenica dall’inizio della protesta, decine di migliaia di persone si sono radunate a Maidan, nel centro di Kiev.
Ma oggi c‘è un fatto nuovo, perché i dimostranti hanno sgomberato il Municipio della capitale ucraina.
Evacuare il Comune era una delle condizioni per l’applicazione dell’amnistia agli oltre 230 oppositori pro-europeisti che sono stati rilasciati ma che sono ancora accusati di reati punibili con pene fino a 15 anni di carcere.
Il sindaco Volodymyr Makeyenko è soddisfatto:
“Comunque sia, per ogni giorno di trattativa abbiamo
salvato delle vite e non ci sono stati più feriti. Abbiamo negoziato a oltranza per normalizzare la situazione. Penso che oggi per l’Ucraina inizi un nuovo periodo di pace e stabilità. E faremo di tutto per farlo continuare”.
Ma a Maidan non tutti sono favorevoli allo sgombero:
“Non abbiamo raggiunto i nostri obiettivi – dice un membro del servizio d’ordine – Un sacco di persone sono morte. Molti sono scomparsi. I nostri sono stati rilasciati, ma non si sono defininitivamente tirati fuori d’impiccio – anche i domiciliari sono una forma di arresto. Ecco perché penso che non abbiamo ottenuto quanto chiedevamo”.
Gli ambasciatori di Norvegia e Svizzera sono stati invitati a ispezionare il Municipio. Fanno da garanti in questa fase di transizione:
“Penso che ci sia una profonda preoccupazione in Europa e nella comunità internazionale per quello che abbiamo visto qui a Kiev – dice l’ambasciatore norvegese Jon Elvedal Fredriksen – Sono abbastanza sicuro, però, che ci sia la buona volontà per trovare una soluzione a questa situazione”.
Il nostro corrispondente da Kiev Sergio Cantone:
“Diplomazia dei piccoli passi per accordi politici più importanti. Da crisi nazionale la crisi ucraina è diventata crisi internazionale. Si cerca di correre ai ripari, fermare l’incendio, ma la soluzione della crisi s’intreccia anche con quello che dovrà succedere al Parlamento per quanto riguarda la formazione del nuovo governo”.