Gambia, parte in esilio il presidente sconfitto. Si allontana lo spettro della guerra civile

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Con la partenza per l’esilio dell’ex padre padrone del Gambia, Yahya Jammeh, sconfitto alle presidenziali del mese scorso, il paese africano evita di precipitare in una aspra guerra civile.

Al potere con metodi dittatoriali da 22 anni, Jammeh aveva tentato fino alla fine di resistere, nonostante le accuse di corruzione.

“Nell’arco di due anni circa undici milioni di dollari sono stati ritirati dall’ex presidente: Si tratta di una somma ingente”.

Secondo le organizzazioni umanitarie l’ex presidente avrebbe torturato e ucciso tutti i suoi oppositori, e in almeno una circostanza avrebbe obbligato migliaia di persone, sospettate di stregoneria, a ingerire pozioni allucinogene.

Yahya Jammeh, un’ora dopo il decollo dalla capitale Banjul, è atterrato a Konacry, ma non si sa ancora se sarà questa la sua destinazione finale.

Decisivo nel portare all’uscita di scena dell’ex capo dello stato, l’ultimatum lanciato dalla missione Ecowas dell’Unione africana occidentale, che aveva minacciato di usare la forza per rimuoverlo dal potere. Truppe senegalesi avevano già superato il confine.

A dicembre, Jammeh aveva ottenuto il 39,6 per cento dei voti, contro il 43,3 per cento del suo sfidante, Adama Barrow, che poteva contare sul sostegno della comunità internazionale.

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