Sono oltre 100mila gli sfollati a causa dell’operazione militare per la riconquista di Mosul, nel Nord dell’Iraq, lanciata il 17 ottobre scorso. L’Isil resiste: solo 40% della parte orientale della città è stata liberata dalle forze di Baghdad e dalle milizie filo-iraniane sostenute dalla Coalizione aerea internazionale a guida statunitense.
La maggior parte degli sfollati sono stati accolti in campi allestiti nei dintorni di Mosul. Bambini, adulti, intere famiglie sopravvivono in precarie condizioni, con le temperature invernali sotto lo zero e poche ore di elettricità al giorno.
“Soffriamo per la mancanza di gas, è inverno. Il gas è essenziale quando si passa l’inverno in una tenda. Ha piovuto per due giorni”, racconta Ahmed Khulauif Mohammed.
Nel campo di Al Khazir, a est di Mosul, gli aiuti umanitari sono forniti dalle Ong: gli sfollati per poterne beneficiare devono essere muniti di una carta alimentare distribuita dalle stesse organizzazioni. “Sono arrivato da poco, l’organizzazione distribuisce gli aiuti in base alla carta alimentare. Molti degli sfollati interni che sono arrivati prima di noi hanno già ricevuto gli aiuti in base alla data di ingresso nel campo”, dice Omar Marwan.
Nel campo di Al-Qayara, 50 chilometri a sud di Mosul, il Programma alimentare mondiale dell’Onu distribuisce alla popolazione razioni alimentari per un mese destinate a 199 famiglie sfollate.
“Le razioni non sono sufficienti. Sfamano a malapena tre o quattro persone, ma non famiglie intere”, dice Sabri Abdullah Hmad. “Quello che ci viene dato non basta, è sufficiente per tre persone. Non abbiamo gas e in questo momento è inverno. Con una bombola di gas ci riscaldiamo solo due giorni”, dice Ghanim Salim Mohammed
A soffrire di più sono, come sempre, i bambini, malnutriti, esposti a malattie, senza istruzione, sottoposti a un’insostenibile situazione umanitaria. “Bambini traumatizzati e terrorizzati” che come ha denunciato Amnesty International, “hanno visto cose che nessuno, a qualsiasi età, dovrebbe vedere”.