Sanzioni e prezzi del petrolio pesano sull'economia russa

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Finora la posizione di Mosca sulle sanzioni occidentali legate alla crisi in Ucraina non si era spostata di un millimetro. ‘Faranno più male a loro che a noi’, aveva detto, in sostanza, Vladimir Putin. Ma oltre la facciata si comincia a intravedere un certo nervosismo.

Alle accuse del ministro degli Esteri Lavrov di questo weekend (“vogliono rovesciare il nostro governo”) è seguita, lunedì, una stima dei danni economici.

A farla è il ministro delle Finanze Anton Siluanov: “I capitali in entrata in Russia sono calati, innanzitutto. Parliamo dei crediti e degli investimenti”, ha detto ad una conferenza.

“Stati Uniti ed Unione europea – ha proseguito – hanno messo barriere dappertutto per bloccare il flusso di capitali nel nostro Paese, il che ci costa 40 miliardi di dollari l’anno. Una cifra enorme, certo. Ma, se guardiamo alla fuoriuscita di capitali nel complesso, prima parlavamo di 100 miliardi, mentre ora potrebbe arrivare a 130”.

È la prima volta che un membro del governo dà un ordine di grandezza all’impatto delle sanzioni.

Ma a pesare ancora di più sull’economia russa e sulla moneta – da mesi in caduta libera – è il crollo dei prezzi del greggio. A fronte di un calo del 30% dei prezzi al barile, ha dichiarato Siluanov, la perdita si attesterà tra i 90 ed i 100 miliardi di dollari.

Non sorprende allora che Mosca guardi con interesse a quanto accade all’interno dell’OPEC. Pur non facendone parte, la Russia avrebbe aperto i canali di comunicazione con i principali membri in vista di un taglio coordinato della produzione. Obiettivo: sostenere i prezzi.

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