Iraq: è catastrofe umanitaria nel Paese. Baghdad non riesce a proteggere cittadini

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Erbil è la capitale del Kurdistan iracheno, un luogo sicuro per moltissimi profughi intern, la maggior parte cristiani. Ogni giorno ne arrivano migliaia e migliaia. Scappano dinanzi all’avanzata dei jihadisti dell’Isis che stanno dilagando nel paese da nord. Migliaia di civili denunciano tutti la stessa cosa, la cronica e disperante mancanza di sicurezza e l’inesistente stato iracheno che non fa o non può fare nulla per difendere i suoi cittadini: “La sicurezza è zero. Non c‘è nessuna presenza dell’esercito, nessuno, niente. Non ci sono posti di controllo. Abbiamo preso con noi quello che potevamo e siamo scappati con tutta la famiglia. La mia macchina l’ha requisita l’isis”.

I jihadisti sanno come muoversi. Hanno un’immensa disponibilità economica, anche dopo aver svuotato le casseforti delle banche di Mosul. Si sono diretti a Banji, la più grande raffineria di un paese che galleggia su di un mare di petrolio, ma che non può lavorarlo. Queste le immagini amatoriali delle vittime dell’ultimo attacco agli stabilimenti.

Secondo l’Onu dal 5 giugno ci sono stati oltre un migliaio di morti, soprattutto civili.

A Baghdad il premier Nouri al-Maliki si dice pronto a un rimpasto di governo, ma ha rifiutato qualsiasi collaborazione e qualsiasi governo di unità nazionale con curdi e sunniti.

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