Domani gli ucraini votano per le presidenziali anticipate. Dovrebbe essere un passo verso la stabilizzazione dopo l’insurrezione di Kiev e la fuga dell’ultimo capo di stato eletto. Ma, anche se Mosca assicura che rispetterà il voto, nell’est, chi vuole avvicinarsi alla Russia non accetta la consultazione, come qui a Donetsk:
“È illegale organizzare l’elezione del presidente di un altro paese nel territorio della Repubblica popolare di Donetsk – dice un uomo – Alcuni furfanti che sono di qui prendono ordini dall’estero. Ci stanno tradendo e in qualunque paese, in qualunque periodo, c‘è sempre stato un solo modo per trattare con i traditori”.
Vicino a Donetsk si prega per la pace e per il dialogo fra le comunità. Si riuniscono cittadini di tutte le confessioni religiose, la tensione è forte, perché tutti sanno che non è facile frenare una guerra civile.
Un prete cattolico, tra le lacrime, esorta:
“I morti, la violenza…tutto questo è male. Recitiamo l’atto di dolore. Dio benedica tutti noi”.
Malgrado le intimidazioni, un giovane è deciso a votare:
“Sì, è pericoloso, abbiamo paura, ma che possiamo fare, siamo liberi cittadini che vivono nel proprio paese. Vogliamo una nazione libera dove sia possibile esprimere i propri diritti”.
Nell’est dell’Ucraina diversi seggi elettorali sono stati distrutti. La maggioranza della popolazione si prepara a boicottare le elezioni. In queste condizioni il voto, invece di riavvicinare gli ucraini, potrebbe marcare ancor di più la separazione fra le due anime del paese.