I balcani attendono una nuova ondata di piena del fiume Sava, mentre si cominciano a valutare i danni della peggiore alluvione dell’ultimo secolo che ha colpito più di 1 milione e 600mila persone e causato circa 50 morti.
In Croazia, il paese meno colpita, l’acqua è arrivata anche nei villaggi che non si trovano nelle vicinanze del fiume e sono state allontanate dalle proprie case 15 mila persone.
Nei tre paesi gli evacuati sono oltre 500mila. Serbia e Bosnia parlano di quasi 2 miliardi di euro di danni. L’area delle superfici alluvionate è pari a quella della Slovenia.
Il settore agricolo è in ginocchio. Sono andati distrutti migliaia di ettari coltivati, che rappresentano lo 0,5% del Pil serbo.
“Ho 12 serre e sono tutte sommerse dall’acqua – spiega l’allevatore Dragan Kovacevic – Anche i campi di frumento e mais. Ho portato via il bestiame. Questo è tutto ciò che è rimasto. È la fine. Non so come vivremo e che faremo”.
Vicino Belgrado centinaia di volontari sono impegnati a consolidare gli argini dei corsi d’acqua con sacchi di sabbia. Nella capitale la Sava confluisce nel Danubio e il timore è che i due grandi fiumi possano esondare rovinosamente.
In Bosnia la situazione umanitaria è preoccupante. Più di un quarto dei 3 milioni e 800mila abitanti è stato colpito dalla catastrofe. 500mila gli sfollati, nell’esodo più grande dalla guerra di Bosnia.
Nelle città dove l’acqua si è ritirata è corsa contro il tempo per evitare le epidemie. Le carcasse di decine di migliaia di animali annegati sono in decomposizione.