Cambiamento o continuità? Le speranze dell'Iraq alla prova delle elezioni

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Tanti manifesti quante speranze: i poster dei circa 9.000 candidati in lizza che vestono Baghdad parlano di un Iraq che si appresta carico di aspettative alle sue prime elezioni legislative, dalla partenza delle truppe statunitensi nel 2011.

Principale interrogativo a cui dovranno rispondere gli oltre 20 milioni di cittadini chiamati alle urne mercoledì è se rinnovare per un terzo mandato la fiducia a Nuri Al Maliki, l’attuale premier sciita in carica dal 2006.

“E’ una buona occasione per cambiare le cose. – ci dice un cittadino -. La speranza è che la gente vada a votare e si esprima per ciò di cui abbiamo davvero bisogno: l’efficienza”.

”Mi auguro che siano elezioni corrette e imparziali – gli fa eco una donna -, perché il popolo iracheno vuole il cambiamento. Cambiare le cose è la principale speranza di tutti noi”.

Fra i rimproveri che i critici di Al Maliki muovono all’attuale premier, c‘è l’infruttuoso contrasto alle violenze interreligiose fra sunniti e sciiti, che da tempo insanguinano il Paese.

Come messo in luce anche dal Fondo Monetario Internazionale, l’Iraq sconta però anche una forte disoccupazione e un’economia quasi esclusivamente dipendente dal suo settore petrolifero.

“Vogliamo uomini e donne nuove a rappresentarci – dice un altro cittadino -. E’ questo che che chiediamo: la discontinuità”.

Assenza di un vero avversario e divisioni in seno all’opposizione sembrano però già destinate a deludere le aspettative di un cambio di rotta, raccolte a Baghdad dai nostri microfoni.

“In un paese stanco di spaccature politiche e problemi di sicurezza – dice l’inviato di euronews Mohammed Shaikhibrahim – dalla popolazione emerge chiaramente la speranza di un miglioramento delle condizioni di vita sul piano non solo economico, ma anche sociale e della sicurezza”.

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