E adesso parliamo di esami di maturità e ci occupiamo di due casi avvenuti in questi giorni e che vedono protagonisti due commissari impegnati in altrettanti esami di Stato.
A Palermo una docente ha tentato il suicidio per il rimorso. Ha creduto di non avere valutato correttamente i compiti dei candidati agli esami di maturità e di avere favorito un'intera classe rispetto ad un'altra.
Si è tagliata le vene, ma prima ha lasciato una lettera indirizzata al Presidente della commissione della quale faceva parte fino a qualche giorno prima nella quale ha spiegato perché voleva farla finita.
I vigili del fuoco e i carabinieri l'hanno salvata in extremis, sfondando la porta e trasportandola d'emergenza in ospedale.
Adesso su quella lettera si concentrano i dubbi sulla correttezza dello svolgimento degli esami nel liceo scientifico. La Procura ha aperto un'inchiesta e ha sequestrato l'autodenuncia della professoressa.
Per i familiari il gesto è probabilmente invece da ricercare in altre motivazione.
Il presidente di commissione ha dichiarato che la commissione lavorava in maniera armonica e concordi anche sulla votazione dei ragazzi. "Oltretutto, -ha aggiunto- la professoressa non valutava da sola i compiti, ma assieme all'intera commissione composta da tre membri esterni e da tre interni alla scuola".
Adesso ci spostiamo a Bronte, in provincia di Catania, dove una mamma è stata denunciata dai carabinieri perché sorpresa mentre inviava al figlio la versione di latino della maturità. E' accaduto lo scorso 23 giugno a Bronte, in provincia di Catania, ma la notizia è trapelata soltanto adesso. Il figlio stava affrontando la prova di latino in un altro istituto del catanese, il liceo classico Michele Amari di Giarre. Il fatto è che la donna in questione non è una mamma qualsiasi ma una professoressa che in quel momento era commissario esterno agli esami nell'unica commissione del liceo classico Ignazio Capizzi di Bronte.
Secondo il rapporto dei carabinieri, la professoressa è "ritenuta responsabile di rivelazione e utilizzo di atti d'ufficio per avere trasmesso con sms telefonico la traduzione della prova di latino al proprio figlio". Dopo l'apertura della busta ministeriale l'insegnante si sarebbe appartata per poter aiutare, via sms, il figlio.
Venuto a conoscenza dell'accaduto, il provveditore agli studi di Catania ha rimosso immediatamente l'insegnante dalla commissione esaminatrice, sostituendola con una supplente. E adesso mamma e figlio rischiano grosso: la prima un'azione disciplinare che potrebbe anche concludersi con il licenziamento e il secondo l'annullamento della prova e la bocciatura alla maturità.