Il titolare del "Chi Burdlaz", noto locale riminese, non ha opposto resistenza quando la squadra mobile di Rimini gli ha notificato la chiusura dell'attività per 15 giorni. Venerdì 20 maggio e' stata data esecuzione all'ordinanza di chiusura del locale di Marina centro, meta abituale di molti esponenti della Rimini bene, finita al centro di un'operazione anti-droga e anti-prostituzione. Una decisione del questore riminese maturata dopo quella presa dal Gip, che aveva negato il sequestro del ristorante perché lo spaccio secondo lui non avveniva solo all'interno del "Chi Burdlaz". Dopo i primi interrogatori di clienti assuntori e spacciatori, avendo constatato che l'attività illecita era ricorrente e si svolgeva anche all'interno del ristorante, il Questore, per ragioni di ordine pubblico ed in base all'articolo 100 del tulps, ne ha chiesto la chiusura. Secondo questa disposizione di legge, il titolare, un 44enne riminese, risponde infatti di tutto ciò che accade all'interno della propria proprietà. Così se al "Chi Burdlaz" l'amico e direttore di sala Fabrizio Casadei serviva ai tavoli non solo specialità romagnole, ma anche dosi di droga e donne a pagamento, grazie a sei spacciatori tutti arrestati, a pagarne le conseguenze è anche il gestore. Quest'ultimo, indagato, si dichiara tranquillo e ignaro di ciò che accadeva fra tavoli, cambusa e bagno. Secondo la prima ricostruzione dei fatti e dopo aver ascoltato i primi testimoni, il Capo della Squadra Mobile Nicola Vitale non esclude che nell'operazione "Dolce Vita" potrebbe presto allargarsi il cerchio di spacciatori e assuntori di droga.