Questa relazione si riferisce ad un lavoro clinico individuale e di gruppo che sto conducendo in ospedale con pazienti che si sottopongono ad un intervento di trapianto d’organo.
Il trapianto è un’esperienza che si colloca ai limiti della possibilità di rappresentazione. Se infatti il corpo medicalizzato si presta ad essere non solo rappresentato, ma anche oggettivabile e misurabile, il corpo vissuto, il corpo inconscio, non è mai così precisamente esplorabile, esso sfugge allo sguardo dell’osservatore ma sfugge anche a chi vi risiede, chi vi abita. I soggetti che si sono sottoposti ad un intervento di trapianto percepiscono questo scarto in maniera netta: lo scarto incolmabile tra corpo vissuto e corpo medicalizzato, corpo percepito e corpo oggettivato.