I carabinieri di Bologna hanno sgominato un'organizzazione dedita al traffico di droga, principalmente cocaina, e composta principalmente da criminali albanesi. Il Nucleo operativo della Compagnia Bologna centro ha infatti eseguito in varie province italiane, nella notte, 14 misure cautelari -nove custodie in carcere, una di arresti domiciliari e quattro obblighi di dimora, a carico di tre italiani, due romeni e nove albanesi tra i 20 e i 45 anni- disposte dal gip Sandro Pecorella su richiesta del pm della Dda Roberto Ceroni, mentre altre due persone sono ancora ricercate. Ai destinatari delle misure sono contestati i reati di associazione finalizzata al traffico di droga (contestato ad otto persone), sfruttamento e favoreggiamento della prostituzione e, in alcuni casi, singole condotte di spaccio, anche in concorso. Sono inoltre stati sequestrati quattro appartamenti a Bologna, sette auto e 11 rapporti finanziari per un valore complessivo di due milioni di euro, somma ritenuta pari al provento dell'attività di spaccio 'all'ingrosso' contestata alla banda. Le indagini, spiega il tenente Guido Rosati, sono partite nel giugno del 2021, quando ai militari era stato segnalato un gruppo di albanesi che aveva preso il controllo dello spaccio in alcune zone della città, e sono durate un paio d'anni, nel corso dei quali non solo è stata ricostruita la struttura dell'organizzazione, che aveva al vertice un unico capo, un 40enne, e i cui componenti erano spesso legati da rapporti di parentela, ma è stato anche documentato lo smercio di circa 70 chili di droga. Durante le indagini sono stati anche eseguiti dei sequestri, tra cui uno da 13,5 chili di cocaina nel 2022. Proprio a seguito di questo colpo, il capo -che in precedenza era stato intercettato mentre si vantava con frasi come «n Italia se sei intelligente riesci a fare soldi e nessuno ti dice niente» e che raccomandava sempre ai suoi uomini di non fare nulla che potesse dare nell'occhio, come guidare auto vistose- aveva ripreso saldamente le redini dell'organizzazione, dando il via ad un 'ricambio' del personale e dei telefoni e dando istruzione ai componenti della banda di non salutarsi se si incrociavano per strada, per confondere gli investigatori. Oltre a questo, i membri della banda, che avevano quasi tutti un impiego fittizio come operai o impiegati, avevano telefoni che usavano solo per le chiamate 'di lavoro', parlavano in codice e spesso, per evitare contatti diretti tra due componenti di medio-alto livello dell'organizzazione utilizzavano una terza persona per veicolare le informazioni. Parallelamente al traffico di droga, importata in Italia utilizzando auto munite di doppio fondo, stoccate in garage alla periferia di Bologna e poi rivenduta in partite che andavano da uno a 15 chili, l'organizzazione- attiva in Italia da almeno 10 anni- sfruttava anche alcune ragazze romene, che venivano costrette a prostituirsi in strada. I proventi del traffico di droga, invece, venivano inviati in Puglia su dei bus, e da lì portati in Albania, mentre gli immobili di proprietà dei componenti della banda venivano intestati a dei parenti per cercare di nascondere la sproporzione tra i redditi dichiarati e l'effettivo tenore di vita, che alla fine è però stata scoperta dagli investigatori.