«Il carcere è come la giungla amazzonica, come un paese in guerra, un'isola remota, un luogo estremo dove la sopravvivenza è la priorità e i sentimenti primari sono nitidi». Scrive così nel sui libro «Ogni prigione è un'isola» (edito da Mondadori) Daria Bignardi che ha voluto raccontare trent'anni di frequentazione delle carceri italiane. Ha incontrato ladri, rapinatori, spacciatori, mafiosi, terroristi e assassini, parlato con agenti di polizia penitenziaria, giudici, direttori di istituto.«Ho raccontato storie di persone che ho poi frequentato e frequento da tantissimi anni»- dice Bignardi che racconta di quando accompagnò sua figlia di tre mesi in carcere a conoscere il nonno recluso (Adriano Sofri). «Per sette anni siamo andati a trovarlo. Ho portato entrambi i miei figli ed erano fieri di avere un nonno in carcere innocente».«Il carcere lo odiano tutti. Alcuni amano il carcere degli altri - scrive Bignardi che certo non dimentica i gravi problemi di sovraffollamento delle carceri italiane e li fa emergere in ogni riga del suo libro. «Il carcere così com'è non è rieducativo, non serve a nulla. Ma è un problema annoso, difficile da risolvere».