Una mostra a Milano per non dimenticare il dramma di George Floyd

Askanews 2023-05-25

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Milano, 25 mag. (askanews) - L'afroamericano George Floyd aveva 46 anni quando è stato soffocato il 25 maggio 2020 in una strada di Minneapolis (Stati Uniti) da un poliziotto che gli si è inginocchiato sul collo. Le sue ultime parole, "I cant' breathe" ("non respiro" ndr), pronunciate in maniera sempre più debole mentre era ammanettato a faccia in giù, sono diventate in tutto il mondo uno slogan contro il razzismo. Tre anni dopo quella morte disumana e assurda, documentata dai cellulari dei testimoni, a Milano si è aperta la mostra "A Postcard for Floyd. A Blind Sight Story" nata da un'idea del fotografo e artista Giangiacomo Rocco di Torrepadula, e a cura di Luca Panaro."Quando vidi il video della tragedia di Floyd fui molto colpito, anche perché stavo facendo un viaggio personale su questo tema, essendomi scoperto io con dei chiari segni di razzismo e quindi quel video mi scioccò molto e fu immediata per me l'associazione con l'immagine di una candela che si spegne" racconta Giangiacomo Rocco di Torrepadula, aggiungendo "una candela che viene spenta violentemente, a cui si toglie prima la fiamma, poi ogni tipo di fumo fino a che non rimane un campo nero: nove immagini a simboleggiare ciascuno di quei minuti". "Perché nella mia visione - spiega - il tentativo che fu fatto con Floyd non era solo quello di togliergli la vita ma anche di togliergli proprio ogni dignità, ogni respiro interiore"Quello esposto negli spazi di Assab One è un progetto di mail art partecipativo, che parte da un'analisi delle neuroscienze comportamentali per combattere il pregiudizio, in primis razziale, attivando il ragionamento attraverso il processo creativo."Riflettei: se tu parli di un tema così importante, da solo sarebbe quasi arrogante pensare di affrontarlo, quindi a un certo punto presi una di queste immagini ne feci una cartolina e cominciai a spedirla, inizialmente nella cerchia ristretta di amici del mondo dell'arte e della cultura, direttamente o indirettamente" continua l'artista, spiegando che "la risposta che ebbi fu talmente forte che allora ho incominciato a spedirle a persone che non conoscevo". "Da una parte c'è la mia frase con la mia immagine e dall'altra parte c'è la risposta, tu la vedi così, io la vedo così: un dialogo a due bellissimo, dove sono state usate forme espressive diverse" prosegue Giangiacomo Rocco di Torrepadula, ricordando che "c'è che ha scritto, chi ha disegnato, chi ha fotografato, chi ha creato una scultura attraverso la cartolina, c'è chi ne ha fatto musica. E tutto insieme questo coro è un coro forte, molto più forte chiaramente del mio lavoro iniziale - prosegue - un coro che veramente diventa una voce evidente, che guarda dentro se stessi, una voce che vuole trasmettere un messaggio"Un mosaico di tessere, circa 700 le cartoline spedite, già 400 quelle tornate, voci di un coro sempre più potente a testimoniare l'urgenza di prendere parola, di partecipare, di schierarsi. Tanti nomi noti, da Oliviero Toscani a Cristiana Capotondi, da Giuseppe Cederna a Gad Lerner, fino a Ercole Pignatelli e Fondazione Pistoletto, e altrettanti ignoti, tutti insieme a dire e a dirsi nello spazio di una cartolina. Cartoline oggi esposte su mattonelle di cemento in un'installazione orizzontale, a terra, per richiamare quel gesto tragico che origina l'intero progetto."Questo è un percorso che consente così di vederle tutte, di riflettere su tutte, con l'opera che le ha originate sullo sfondo - chioso - e poi all'uscita c'è la possibilità di fare una riflessione che va oltre attraverso frasi che hanno caratterizzato fortemente il mio pensiero".

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