https://www.pupia.tv - La Guardia di Finanza di Verona e la Polizia hanno eseguito un decreto di sequestro preventivo di circa 20 milioni di euro, nei confronti di 28 società e 8 persone fisiche. Queste ultime sono indagate, a vario titolo, per i reati di associazione per delinquere finalizzata alla truffa, anche ai danni dello Stato, all’insolvenza fraudolenta, alla ricettazione, al riciclaggio e all’autoriciclaggio, all’accesso abusivo al credito e alla bancarotta fraudolenta. Tra i beni sequestrati 24 unità immobiliari, 13 autoveicoli oltre 100 rapporti finanziari riconducibili agli indagati ed alle numerose società coinvolte.
Nel mirino dell'inchiesta, denominata «Castello di Carta», un’associazione non riconosciuta di Sanguinetto, operante nel settore dell’«organizzazione di lavoro», amministrata da due uomini della provincia, un quarantenne e un cinquantenne (quest’ultimo con specifici precedenti di polizia), a capo dell’organizzazione criminale che si avvaleva di una sessantina di società con sede in Italia e all’estero (Hong Kong, Giappone, Romania, Bulgaria, Repubblica Ceca).
Un vorticoso giro di false fatture emesse dalle società coinvolte, intestate a prestanome, erano utilizzate sia per ingannare gli istituti di credito attraverso lo strumento dell’«anticipo su fatture», che per dare una falsa rappresentazione di solidità finanziaria al fine di farsi riconoscere importanti linee di credito dallo Stato. L’importo delle misure di sostegno ottenute dal 2018 al 2021 è di circa 11 milioni di euro, dei quali circa 6 milioni dai fondi dell’emergenza Covid-19.
Le società si servivano di contratti di leasing per l’acquisizione di macchinari industriali, il cui valore reale era di gran lunga inferiore (sino a dieci volte) a quello dichiarato alle banche; non appena gli istituti di credito eseguivano i bonifici sui conti correnti delle varie società fornitrici (conniventi nella frode), tali somme venivano immediatamente dirottate dagli indagati verso società fittizie in Italia e all'estero. Le banche venivano così truffate due volte: la prima all’atto della stipula del contratto di leasing, la seconda perché la società debitrice del leasing (e teoricamente utilizzatrice del bene) non pagava le rate e faceva perdere le tracce dei macchinari e impedendo così alla banca concedente di rientrarne in possesso.
Inoltre, il sodalizio criminale, sempre allo scopo di ottenere indebiti finanziamenti, si è insinuato nella gestione di società che versavano in situazioni di difficoltà economica, conducendole deliberatamente al fallimento attraverso una strumentale opera di distrazione di beni mobili e immobili a favore di persone e società di comodo. (23.07.21)