È stato detto che Pino Pelosi si è portato nella tomba la verità sulla morte di Pier Paolo Pasolini, ma è proprio così? L’ennesima fuga e l’arresto, dopo una breve latitanza, ha riportato l’attenzione su un altro personaggio, storico protagonista della mala romana, che potrebbe sapere qualcosa, Giuseppe Mastini, alias il biondino, alias Johnny lo zingaro. Condannato all’ergastolo nel 1989, era un amico di Pelosi. Il suo nome venne fuori all’epoca, lui, in un’intervista, si dichiarò estraneo. Ma Nino Marazzita, l’avvocato della famiglia Pasolini, crede che Mastini abbia qualcosa da dire e che alla verità sulla morte dello scrittore si possa arrivare:
L’anello e il plantare/h3>
Nino Marazzita dice:
Non è impossibile arrivare alla verità. Io non dico che Johnny lo zingaro è il complice di Pelosi, io dico che bisogna indagare sulla posizione di Johnny lo zingaro perché può essere un eventuale complice di Pelosi. Io quando sono arrivato immediatamente dopo il delitto ho visto Pelosi che era disperato perché aveva perso un anello. Cioè, voglio dire, era un anello di pochissimo valore, era un anello con una croce militare. Poi abbiamo scoperto che l’anello glielo aveva regalato Johnny lo zingaro.
euronews: E questo elemento non è mai stato esplorato?
Ma per carità...ma non c’era nessuna voglia, c’era una voglia contraria. Giuseppe Mastini è rimasto in carcere per decenni e malgrado le mie richieste di fare un esperimento giudiziale, per esempio, sul plantare che era stato trovato nell’autovettura di Pier Paolo Pasolini , un esperimento giudiziale per vedere se si adattava alla gamba di Giuseppe Mastini, che era claudicante per uno scontro a fuoco con la polizia, e beh questa richiesta non è mai stata esaudita. Io adesso insisterò nei prossimi giorni perché venga fatto questo esperimento giudiziale e venga sottoposta all’esame del DNA, cosa che non è stata mai fatta.
E perché secondo lei le indagini non sono state mai fatte, delle vere indagini sul caso?
La procura generale non voleva che si scoprissero gli esecutori per paura che si potessero scoprire i mandanti. E tutto questo è durato quasi un decennio, naturalmente. La cartina al tornasole del fatto che la procura generale non voleva indagare l’ha data impugnando la sentenza di primo grado del giudice per i minorenni, presieduta da Carlo Alfredo Moro, il fratello di Aldo Moro, in cui si dava per certa la presenza di ignoti. La Procura Generale, il giorno dopo, senza leggere la sentenza che era stata depositata due mesi dopo, ha impugnato la sentenza dicendo che gli ignoti non c’erano. Un fatto enorme, mai accaduto, per lo meno in questa Repubblica. Per risalire poi a chi è il vero mandante bisogna trovare gli esecutori. È per questo che il Potere non ha mai voluto cercare i veri esecutori. Oltre a Pelosi, naturalmente.
Quanto alle ipotesi che sono circolate negli anni, tipo quella avanzata dal difensore di Pelosi, sul fatto che il condannato per l’omicidio avesse nascosto in una ca