Marocco, pugno di ferro contro le proteste nel Rif

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Il governo marocchino ha promesso un’indagine sugli abusi commessi dalle forze di polizia nel Rif, dove lunedi e martedi scorsi si sono registrati scontri tra manifestanti e agenti.

Da otto mesi nella regione settentrionale è in corso una protesta popolare, scoppiata dopo la morte di un venditore ambulante di pesce e riaccesa a fine maggio con l’arresto del leader del movimento di protesta.

Il primo ministro Saad Eddine el-Omthmani, ha poi detto ai giornalisti di voler far luce sui ritardi dei progetti di sviluppo economico per un totale di 600 milioni di euro, stanziati nel 2015 per la regione, e che sono alla base delle proteste sociali.

Lo stesso re Mohammed VI ha espresso “dispiacere e preoccupazione” per il mancato arrivo degli investimenti, e ha annunciato interventi per sbloccare l’impasse.

La tensione è risalita con la fine del ramadam, con la polizia schierata per impedire l’ennesima manifestazione. Trentanove agenti sono rimasti feriti da colpi di pietra, e una cinquantina di manifestanti sono stati arrestati.

Crtitiche al comportamento della polizia sono arrivate anche da Amnesty International e Human Rights Watch, che parlano di violenza fisica e verbale usata contro i dimostranti.

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