Giochi Olimpici: la prima volta dei profughi

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Scaldano i muscoli questi atleti, anche se hanno già vinto la loro olimpiade.

Per la prima volta nella storia dei Giochi Olimpici infatti è stata costituita un‘équipe di dieci profughi, che parteciperanno ai giochi di Rio in quanto squadra.
I partecipanti provengono da Siria, Repubblica democratica del Congo, Etiopia e Sudan del Sud.
Sono tutti scappati dalla violenza e dalle persecuzioni nel proprio Paese.

Alla cerimonia d’apertura sfileranno dietro la bandiera olimpica:

Gli atleti del Sudan del Sud sperano che la loro partecipazione contribuisca a riportare la pace nel proprio Paese e porti visibilità alla causa dei profughi nel mondo intero. James Chiengjiek aggiunge:

“Penso che sia un’opportunità, non solo per coloro che vi partecipano; rappresentiamo infatti i milioni di profughidi tutto il mondo ed è un’occasione mostrare cosa possiamo fare al globo intero”.

Circa un anno fa, Yusra Mardini, 18 anni siriana, nuotò per circa tre ore, per mettersi in salvo, una volta che il canotto, su cui doveva raggiungere l’isola di Lesbo, cominciò a imbarcare acqua.

“È una sensazione straordinaria, tutti sono accomunati dalla forza di non gettare mai la spugna e hanno fatto molto per arrivare fin qui. Hanno alle spalle situazioni terribili. Mi ci metto dentro, abbiamo tutti situazioni terribili ma andiamo avanti perché abbiamo dei sogni”.

Lei spera di vincere i 100 metri farfalla.

È la prima volta nella storia dei giochi che partecipa una squadra di profughi, ma la bandiera olimpica ha scortato nel corso delle diverse edizioni altre équipe:

Dietro i cinque anelli, sfilarono nel 1992, a Barcellona, gli atleti delle ex repubbliche sovietiche;

nel 2000 a Sydney i 4 atleti di Timor Est;

nel 2012 a Londra i 3 sportivi delle ex Antille olandesi e un atleta sudanese.

In caso di vittoria, gli gli sportivi celebreranno il titolo con l’inno olimpico .

Già oggi, sanno di aver vinto più di un’olimpiade partecipando a Rio 2016; sperano però che la loro presenza sensibilizzi ulteriormente opinione pubblica e governi.

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