Nelle audizioni al Senato, i capi di Pentagono e Cia voluti da Trump non hanno risparmiato critiche alla Russia, nonostante i toni concilianti usati dal neopresidente.
Il primo a rispondere alle domande dei senatori, chiamati ad accettare o a respingere la squadra di governo scelta da Trump, è stato l’ex generale James Mattis.
La sua nomina era quella più in bilico perché la legge prevede che un militare non possa ricoprire incarichi di governo prima di sette anni dal pensionamento. Per Mattis gli anni trascorsi sono quattro. Ma c‘è un precedente, quello del generale George Marshall.
“Sin dai tempi della conferenza di Jalta”, ha detto Mattis, “Sono stati numerosi i tentativi di instaurare buone relazioni con la Russia. Pochi i successi. Ora la cosa più importante è riconoscere la realtà, che abbiamo a che fare con Putin e che sta tentando di rompere l’Alleanza atlantica”.
Dichiarazioni in linea con quanto detto dal futuro direttore della Cia. Mike Pompeo ha affermato che “è abbastanza chiaro” che ci
sia Mosca dietro gli hackeraggi durante le elezioni americane e “non c‘è dubbio” che volesse interferire.
Una posizione scomoda quella di Pompeo. L’uomo che ha detto che Snowden dovrebbe essere condannato a morte, il difensore ad oltranza dell’operato dell’Agenzia per la sicurezza nazionale, ha dovuto esprimersi in un momento in cui Trump si è scagliato contro i servizi segreti, accusati di aver permesso la diffusione di informazioni bollate come false.
Il riferimento è al dossier scandalo che riporta di festini hard
in un hotel di Mosca, di tangenti alle autorità russe, di contatti sull’hackeraggio dello staff di Hillary Clinton.
Pompeo e Mattis, in passato critici sull’accordo sul nucleare iraniano, hanno inoltre confermato la necessità di proseguire su questa strada. Un’altra nota stonata rispetto alle dichiarazioni di Trump.