Nemico comune, obiettivi diversi. L’offensiva turca in Siria, che dopo la liberazione di Jarablous dall’Isis si spinge più in profondità nel territorio siriano, si scontra con l’irritazione degli Stati Uniti.
Se l’obiettivo comune dichiarato è la lotta contro gli jihadisti dell’autoproclamato Stato Islamico, Ankara mette sullo stesso piano i combattenti curdi siriani e cerca d’impedire la creazione di una continuità territoriale curda alle proprie frontiere. Quelle curde però sono le forze che Washington supporta proprio in funzione anti-Isis.
“Non solo non appoggiamo ma ci opponiamo con determinazione ad un’offensiva che punti ulteriormente a Sud e contro le Forze Democratiche Siriane (FDS). Ulteriori azioni contro l’FDS complicherebbero gli sforzi per creare quello che vogliamo: un fronte unito contro l’Isil” ha detto il Consigliere della Casa Bianca Ben Rhodes.
La campagna della Turchia, denominata proprio “Scudo dell’Eufrate”, punta a respingere quelli che Anakara definisce terroristi, Isis e curdi assieme, al di là del fiume. E nella regione sulle rive dell’Eufrate intanto, la città di Manbij è stata liberata e riconquista lentamente la normalità.
“I negozi e il mercato riaprono dopo i duri giorni vissuti sotto assedio. Ora le cose vanno bene, grazie a Dio” dice Mohamed Ali Moussa, un residente di Manbij.
L’evolversi della crisi in Siria e le delicate relazioni che si sono venute a creare tra gli Stati Uniti e la Turchia saranno l’argomento centrale dell’incontro tra Obama e Erdogan, il mese prossimo al G20.