http://www.pupia.tv - Agrigento - I finanzieri del Nucleo di Polizia Tributaria della Guardia di Finanza di Palermo, su proposta del procuratore aggiunto Bernardo Petralia e del sostituto procuratore Rita Fulantelli della Procura di Palermo, d’intesa con il procuratore capo Francesco Lo Voi, hanno sequestrato tre aziende, ubicate nella provincia di Agrigento, partecipazioni societarie, decine di rapporti finanziari ed autovetture per un valore complessivo di oltre 20 milioni di euro.
L’attività scaturisce da una proposta di applicazione di misure di prevenzione patrimoniali, formulata dal Gico (Gruppo intervento criminalità organizzata) nei confronti del noto imprenditore agrigentino Carmelo Marotta, 46 anni, di Ribera (Agrigento). Questi, già indagato per associazione mafiosa nell'ambito dell’operazione “Maginot” del 2011, nonché per bancarotta fraudolenta, intestazione fittizia di beni e truffa, è stato condannato nel luglio del 2015 con sentenza definitiva per aver favorito la latitanza del capomafia di Agrigento Giuseppe Falsone.
Marotta, dopo la condanna in primo grado, era stato comunque assolto dall’accusa di associazione mafiosa, ma la ricostruzione del suo profilo, effettuata dalle Fiamme Gialle sulla base degli atti giudiziari, ha evidenziato la sua pericolosità sociale.
Già in passato il collaboratore di giustizia Calogero Rizzuto lo aveva indicato come soggetto “raccomandato” da Giuseppe e Francesco Capizzi, esponenti della famiglia mafiosa di Ribera, affinché non pagasse il pizzo a Sciacca.
Negli anni, Marotta ha costruito un impero economico, intestato anche alle sorelle e basato sul cemento, costituendo società che gestivano cave ed imprese edili, che ha poi anche messo a disposizione di Falsone, per favorirne la latitanza. Infatti il boss, che utilizzava un documento falso predisposto dallo stesso Marotta, figurava quale dipendente, con mansioni di trasportatore, di una delle società costituite appositamente, la “Edilmar srl”.
Questo rapporto tra Falsone e Marotta, ricostruito nella sentenza che lo ha visto definitivamente condannato, ha trovato ulteriore conferma fra i documenti rinvenuti nel covo marsigliese del latitante, che nei suoi “pizzini” lo appellava quale “u’ maluppila” (il malpelo) in virtù della carnagione e del colore di capelli.
Le indagini hanno permesso inoltre di dimostrare la sperequazione fra il patrimonio accumulato ed i redditi dichiarati dal nucleo familiare di Marotta fra il 1997 ed il 2012. Sulla base di tali presupposti, si è pertanto proceduto al sequestro della “Sagid sas”, della “Edilmar sas”, e della “Edilmar Group srl”, tutte con sede a Sciacca (Agrigento), proprietarie di impianti di produzione e cave anche a Ribera, del 50% del capitale della “Samar Costruzioni srl”, anch’essa di Sciacca, nonché di autovetture e disponibilità finanziarie. Il patrimonio sequestrato sarà ora gestito dall’amministratore giudiziario nominato dal Tribunale di Agrigento. (29.06.16)