Decapitazione e crocifissione in pubblico. È quanto rischia Ali al-Nimr, un giovane saudita riconosciuto colpevole di appartenere a una cellula terrorista.
Ali è stato arrestato nel 2012, all’età di 17 anni, per aver partecipato alle proteste durante la Primavera araba.
L’organizzazione Reprieve con sede a Londra da anni segue il suo caso.
“C‘è una motivazione politica e lo possiamo appurare dalla severità della punizione inflitta – sostiene Maya Foa, direttrice di un team Reprieve – Non solo una condanna a morte, ma una condanna a morte per crocifissione che viene usata come un avvertimento a qualcun’altro”.
Ali è membro di un clan sciita ostile alla famiglia regnante. Suo zio è stato giustiziato per accuse simili.
Secondo Amnesty International, nel 2015 il regno del Golfo ha condannato a morte almeno 109 persone. Paradossalmente, il capo del Consiglio per i diritti umani dell’Onu per il 2016 sarà proprio un saudita.