Il matrimonio omosessuale per uno dei Paesi con la più profonda tradizione cattolica. Da questa mattina 3,2 milioni di irlandesi sono chiamati alle urne per appoggiare o bocciare una modifica alla costituzione che permetterebbe i matrimoni tra le coppie gay.
Il sì è favorito, ma resta un margine d’incertezza. Il Paese accusa in particolare una forte divisione tra le aree urbane, Dublino in primis, e quelle rurali.
“Credo che l’Irlanda sia pronta” dice Dil Wickremasinghe, da poco madre e compagna di Anne Marie Toole. “Ne è passata d’acqua sotto i ponti dal 1993, da quando l’omosessualità non è più un reato, fino alla legge sull’uguaglianza del 1998, poi le unioni civili in vigore da qualche anno (2010, ndr), abbiamo progredito passo dopo passo. E credo che gli irlandesi siano aperti ed evoluti abbastanza da capire che è giunto il momento per le famiglie come la nostra di acquisire pieni diritti e ugualianza”.
Il ruolo della Chiesa cattolica irlandese è ovviamente centrale. Ma in u