STORIA D'ITALIA di P.Giudici - Marzo 1162 Resa e saccheggio di Milano

Pellegrino Mancini 2015-04-12

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Il Barbarossa, che comandava l’ala destra del suo esercito, con uno sforzo poderoso, ruppe la sinistra dei Milanesi e andò tanto oltre che giunse dov’era il carroccio, ne ammazzò i buoi, ne strappò il vessillo e lo precipitò in un fosso e credendo di aver vinto si ritirò nella tenda. Ma la battaglia non era terminata…
Il Barbarossa sconfitto, da Baradello si ridusse a Pavia per passarvi l’inverno ed aspettarvi le milizie germaniche. Queste arrivarono nel maggio del 1161….Con questo esercito Federico entrò il 31 maggio nel territorio milanese e….si diede a guastare il contado, devastando le biade, tagliando gli alberi e le vigne, vigilando accuratamente affinchè da nessuna parte entrassero vettovaglie nella città, intorno alla quale faceva il deserto per scemarne la forza di resistenza e costringerla alla resa. Sopravvenuto l’inverno, Federico pose i quartieri a Lodi dove fece venire la moglie, e lì aspettò la buona stagione per incalzare più da vicino i Milanesi. Ma non ce ne fu bisogno: priva del raccolto delle campagne e degli aiuti da Brescia e Piacenza,…cresciute le bocche dall’affluire degli abitanti del contado nella metropoli, l’infelice città era tormentata dalla fame, travagliata dalla diserzione di non pochi nobili, dal malcontento dei timidi e dai tumulti della plebe, la quale voleva che s’iniziassero trattative di pace.
Il 16 marzo, per ordine di Federico, si recarono al suo cospetto i consoli degli ultimi tre anni e l’intero popolo milanese….Il Barbarossa stava assiso sopra un magnifico trono, circondato da un numeroso stuolo di feudatari; intorno a lui era tutto uno scintillio di alabarde e di spade sguainate
DALLA TAVOLA ILLUSTRATA DI TANCREDI SCARPELLI: Quando il carroccio giunse davanti all’imperatore, fu abbassato per tre volte, in segno di riverenza, l’albero, simbolo della libertà comunale, spoglio di tutti i suoi ornamenti, e cadde il gonfalone della città; poi furono consegnati i vessilli, e le trombe del municipio squillarono: nel silenzio grandissimo, lo squillo di quelle trombe sulla moltitudine prosternata parve l’ultimo e angoscioso respiro della libertà milanese…
L’esodo avvenne il 26 marzo fra il pianto generale….Pronunziata la sentenza Federico uscì col suo esercito e si pose nelle vicinanze a godersi lo spettacolo. I novelli vandali fissarono ciascuno la propria zona da distruggere…La distruzione della città, rea soltanto di aver voluto difendere la propria libertà, cominciò con gli incendi…Intanto l’eccidio di Milano che doveva servire d’esempio agli altri comuni lombardi, produceva l’effetto che il Barbarossa s’era ripromesso. Le città italiane, a lui nemiche, temendo di subire la sorte della metropoli lombarda, piegavano il capo sotto il giogo imperiale.”

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