Al dolore si aggiunge dolore per le famiglie delle vittime della strage del campus di Garissa, in Kenya: il riconoscimento dei corpi è molto difficile a causa delle condizioni in cui sono stati ritrovati. Capita spesso che lo stesso corpo sia identificato come quello un proprio caro da famiglie diverse.
“Sono venuto ieri per identificare mia figlia. Ma ho saputo che lo stesso corpo era già stato identificato da qualcun altro. Quindi sono tornato oggi per chiarire se si tratti del corpo di mia figlia o meno”.
Gitonga Ng’ang’a era nel campus il giorno in cui i militanti di Al Shabab hanno compiuto il massacro, uccidendo 147 persone. Si è salvato nascondendosi sotto al letto.
“Gli studenti urlavano e piangevano e i terroristi all’inizio non parlavano. Fino a quando hanno occupato i dormitori dove alloggiavamo: lì hanno cominciato a gridare ‘Siamo venuti per uccidere e per essere uccisi’”.
Il ritorno a una vita normale dopo quanto è accaduto, è duro.
“Ho dovuto camminare sul sa