Siria, Onu: sospesi aiuti alimentari per 1,7 milioni di profughi

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Dopo due mesi di assedio da parte degli jhadisti dell’Isil, la città curdo-siriana di Kobane è ridotta a un cumulo di macerie.

Dove un tempo abitavano 50mila persone, oggi ne sono rimaste all’incirca due mila. Tra queste, ci sono anche intere famiglie di profughi, con anziani e bambini al seguito.

“Tenevo due delle mie figlie in braccio quando un colpo di mortaio si è abbattuto vicino a noi – racconta Parvin – Mia figlia di sette anni è stata colpita. Inutile il ricovero in Turchia. L’abbiamo seppellita a Kobane”.

La notte scorsa, gli jihadisti hanno intensificato gli attacchi contro la città, colpendola da quattro fronti. In risposta, la coalizione internazionale ha effettuato una trentina di raid aerei.

Per sottrarsi alla minaccia degli attacchi suicidi, migliaia di civili curdo-siriani si sono accampati lungo la frontiera con la Turchia.

Molti accusano il governo di Ankara, che ospita già centinaia di migliaia di profughi, di non fare abbastanza per aiutarli.

“Ci trattano male, non ci permettono di oltrepassare la frontiera e di tornare indietro – accusa Mohammed – Non ci danno da mangiare. Per fortuna, i combattenti curdi di Kobane ci portano il pane fatto nei forni che hanno riaperto in città”.

Per mancanza di fondi, il programma alimentare mondiale dell’Onu è stato costretto a sospendere gli aiuti alimentari per oltre un milione e mezzo di profughi siriani.

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