Luci e ombre nel nuovo piano per gli investimenti Ue

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Nonostante la sicurezza ostentata da Jean-Claude Juncker, il piano per gli investimenti infrastrutturali presta il fianco ad alcune critiche. Per alcuni detrattori 315 miliardi sono una goccia nel mare dell’economia europea.

Ma la maggior parte punta il dito contro uno schema che fa troppo affidamento sull’effetto leva. La dotazione effettiva iniziale sarà di soli 21 miliardi di euro: 16 miliardi di garanzie dall’Unione europea e 5 miliardi dalla Banca europea per gli investimenti.

Ogni euro così impiegato, ecco l’idea di Bruxelles, dovrebbe attrarre fino a quindici volte tanto in investimenti privati.

“Gli strumenti a disposizione di Juncker erano limitati”, commenta Fabian Zuleeg dello European Policy Centre. “Ciò che ha fatto è probabilmente l’unica maniera plausibile per raggiungere l’obiettivo dei 300 miliardi. Se verrà raggiunto o meno nella realtà, però, è tutto da vedere”.

In ciascuno dei nuovi progetti i fondi pubblici posti a “cuscinetto” contro le eventuali perdite iniziali dovrebbero attirare i capitali di rischio di banche e grandi aziende.

“Le garanzia pubblica – spiega Guntram Wolff del think tank Bruegel – ovviamente può aiutare a fornire un incentivo agli investimenti, perché il rischio in un certo modo si sposta dal settore privato a quello pubblico. Ma, allo stesso tempo, questa comporta ovviamente dei rischi per i contribuenti. Per cui non è necessariamente la strategia migliore, dipende molto da come viene progettata esattamente questa garanzia”.

La speranza è di ridare una scossa agli investimenti in un momento in cui il sistema è ricco di liquidità a basso costo grazie agli interventi della Bce.

Ai governi non verranno richiesti sforzi aggiuntivi, ma sarà data la possibilità di contribuire al nuovo fondo. L’ammontare, però, non verrà considerato come spesa nel calcolo del deficit.

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