Abbiamo vinto le elezioni di cui eravamo gli gli unici organizzatori, gli unici veri candidati, gli unici controllori. È in sostanza il risultato delle elezioni presidenziali e legislative tenutesi nell’autoproclamata Repubblica Popolare di Donetsk, la regione ribelle nell’Est dell’Ucraina, dove hanno trionfato i separatisti.
“Siamo stati testimoni di come i cittadini della Repubblica Popolare di Donetsk abbiano fatto la loro libera scelta per la prosperità e l’indipendenza” ha affermato Alexander Zakharchenko, il leader indipendentista che, secondo i risultati resi noti dalle autorità ribelli del Donbass, è stato eletto Presidente con oltre l’80% delle preferenze.
Scenario analogo nella repubblica separatista di Lugansk dove ha vinto l’ex militare Igor Plotnitski, leader dei separatisti.
L’Unione Europea ha definito le elezioni “un nuovo ostacolo alla pace” e le considera illegali. Immediato invece l’imprimatur di Mosca, salvo poi un ridimensionamento da parte del rappresentante della Duma Leonid Slutskiy:
“La cosa principale è il cessate il fuoco” ha detto ai nostri microfoni “poi si potrà discutere se debba essere una federazione, una confederazione, se debba essere confederazione ucraina o se debba essere qualcosaltro”.
Ieri sera intanto, nella piazza centrale di Donetsk, regnava una surreale atmosfera di festeggiamenti animati da pochi eletti.
“Ora Kiev deve stabilire delle relazioni economiche, pagare il debito sulle pensioni, i contributi per i figli, fermare la persecuzione politica, dobbiamo sentirci liberi” dice una residente.
E certamente una di coloro che hanno votato. Ma stabilire il numero di quanti lo abbiano fatto è impossibile in una regione da cui, negli ultimi mesi, sono fuggite quasi un milione di persone.