Nei Paesi sviluppati i bambini poveri sono aumentati di oltre 2 milioni e mezzo dal 2008. In Italia, un bambino su tre vive in povertà, con un aumento di oltre 600 mila bambini poveri nello stesso periodo. È il quadro che emerge dal nuovo rapporto Unicef, “I figli della recessione”, che riguarda dati e analisi di 41 Paesi dell’Ocse.
In totale in Occidente sono oltre 76 milioni i bambini che vivono in povertà.
Dall’inizio della crisi, la percentuale di famiglie con bambini che non possono permettersi di comprare carne, pollo o pesce ogni due giorni è più che raddoppiata in Estonia, Grecia e Italia.
In Portogallo, i bambini hanno pagato a caro prezzo l’austerità: più di 540mila minori hanno perso il diritto ai contributi familiari, il 30% dei beneficiari. Dal 2010, evidenzia l’Unicef, tanti paesi hanno dirottato i bilanci dagli incentivi verso i tagli, con un impatto negativo sui bambini, soprattutto nella regione del Mediterraneo. Nell’Unione europea, nel 2013 i ragazzi che non studiavano e non lavoravano erano 7,5 milioni.
Le famiglie spagnole hanno fatto un grande salto indietro negli ultimi 10 anni. La Spagna, oggi, è il terzo paese con la maggiore povertà infantile, dietro Grecia e Lettonia. La classe media di Madrid si è scoperta improvvisamente povera:
“Prima non venivano tanti spagnoli – spiega Nunci Conado, fondatrice del programma raccolta abiti della Croce Rossa ad Alcorcon – Ma ora, a causa della condizione che viviamo, ci sono tanti spagnoli che chiedono principalmente abbigliamento per bambini”.
In 23 Paesi dei 41 esaminati la povertà infantile è cresciuta: in Irlanda, Croazia, Lettonia, Grecia e Islanda è aumentata di oltre il 50%.
“I nostri figli e la prossima generazione ricominceranno a emigrare – sostiene Michelle Myers, una madre di Dublino – Non c‘è più nulla in Irlanda”.
“Sarà dura per i bambini quando cresceranno – aggiunge il marito David – non c‘è lavoro per loro”.
Un’intera generazione sarà segnata dalla povertà con conseguenze gravi come la riduzione della fertilità. Nel Sud Italia, per il secondo anno consecutivo, i decessi hanno superato le nascite ritornate al livello del 1861.