I vertici cinesi l’avevano detto: siamo disposti a tollerare un rallentamento della crescita pur di far transitare l’economia verso un modello basato sui consumi. Chissà se, ora che il Pil del terzo trimestre segna la frenata più decisa dall’apice della crisi, faranno marcia indietro.
Lontano anni luce dai ritmi europei, questo +7,3% preoccupa gli osservatori della seconda economia mondiale. Principale zavorra: il settore immobiliare, con vendite, nuove costruzioni e prezzi in calo.
“Se si guarda agli immobili rimasti invenduti nelle città di prima, seconda e terza fascia, ne rimane un numero decisamente alto”, spiega Li-Gang Liu, analista di ANZ. “Il volume medio delle vendite è sceso del 20%-30%. Per cui pensiamo che, con l’allentamento delle politiche legate al rallentamento immobiliare, potremmo vedere un nuovo slancio”, conclude.
Nessuno, però, si aspetta una riedizione degli ingenti stimoli economici visti durante la crisi: Pechino continuerà in modo mirato, dicono, almeno finché il mercato del lavoro resterà sotto controllo.
Le uniche buone notizie arrivano dal comparto industriale: la produzione a settembre è cresciuta dell’8%. Ma investimenti e vendite al dettaglio hanno deluso le aspettative. E anche l’inflazione comincia a dare segni di raffreddamento, proprio come in Europa e Stati Uniti.