Recep Tayyip Erdogan vince al primo turno le presidenziali turche, diventando a 60 anni il primo capo di Stato della Repubblica parlamentare eletto a suffragio universale.
Dopo tre mandati da primo ministro, il leader del partito islamico AKP, da 12 anni al potere, ricoprirà un ruolo super partes sulla carta, ma che ha detto di voler cambiare.
“Cominciamo da ora un nuovo periodo, di riconciliazione sociale. Lasciamoci le vecchie discussioni alle spalle”, ha affermato Erdogan nel discorso davanti ai sostenitori alla sede del partito ad Ankara.
Fautore di una presidenza forte, Erdogan suscita in una parte della società civile e nell’opposizione laica il timore di una deriva autoritaria: “A chi mi accusa di essere un dittatore dico di farsi un esame di coscienza, a chi mi accusa di autoritarismo dico di farsi un esame di coscienza. Ci ricordiamo bene delle sofferenze patite quando eravamo all’opposizione”.
Da oltre un anno a questa parte su Erdogan sono piovute numerose critiche: per la repressione delle manifestazioni a Istanbul, la censura sui media, il blocco dei social network, lo scandalo di corruzione che ha coinvolto personalità dell’Akp.
La tendenza sempre più islamo-conservatrice ha anche frenato il cammino verso l’Europa. Nonostante questo i consensi sono aumentati, trainati dalla crescita economica e dal retorica basata sull’identità turca e musulmana.
Con circa il 52% dei voti, Erdogan evita il ballottaggio. Non riesce a sottrargli elettori il candidato comune dei partiti d’opposizione di destra e di sinistra (che anzi perdono voti), il musulmano moderato Ekmeleddin Ihsanoglu.
Consensi in crescita per l’ex partito filo curdo BDP ora “partito democratico dei popoli”, rappresentato da Selahattin Demirtas.