Prezzi del petrolio ancora in aumento per i timori sull'Iraq

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L’avanzata dei ribelli sunniti nel nord dell’Iraq e gli scontri con le forze governative per una delle più grandi raffinerie del Paese spaventano i mercati.

All’indomani dell’annuncio da parte dei colossi petroliferi BP ed Exxon Mobil dell’inizio dell’evacuazione del proprio personale, il prezzo del Brent è arrivato a sfiorare i 115 dollari al barile.

Gli investitori non sono sicuri della capacità del Paese di aumentare o anche solo mantenere la produzione ai livelli attuali: una volta superati i 115 dollari, dicono, presto potremmo vedere nuovi record.

“L’Iraq è uno dei produttori ed esportatori di petrolio più importanti del mondo. Oggi è il numero due all’interno dell’Opec davanti all’Iran”, spiega Eugen Weinberg di Commerzbank.

“Anche una minuscola riduzione della produzione irachena avrà un impatto enorme sul prezzo del petrolio e alcuni analisti mettono in conto 125, persino 150 dollari al barile”, aggiunge.

E mentre sul campo di battaglia si attende la risposta di Washington alla richiesta di supporto aereo fatta dal premier Nuri al Maliki, un aiuto dagli Stati Uniti è già arrivato.

A raffreddare il prezzo del petrolio ci hanno pensato i dati sulle scorte americane: il Dipartimento dell’Energia ha fatto sapere che il calo delle riserve la settimana scorsa è stato molto minore delle attese.

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