Crisi in Iraq. "La soluzione passa per Teheran (e per una divisione del Paese?)"

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L’apertura del segretario di Stato americano John Kerry rilancia la pista di negoziati diretti fra Washington e Teheran per disinnescare la polveriera irachena.

“E’ un passaggio obbligato”, dice a euronews Mahsoud Alfak, esperto di questioni iraniane e redattore della Middle East Broadcasting Corporation, che non esita peraltro a evocare la possibilità di una divisione dell’Iraq.

“Forse in futuro potrebbe rivelarsi una soluzione piuttosto che incarnare un problema – dice Mahsoud Alfak al corrispondente di euronews a Dubai, François Chignac -. Per il momento credo però che l’Iran preferisca avere a che fare con un Iraq forte e unito, piuttosto che con un paese diviso e fragilizzato. Si tratta peraltro di una posizione condivisa dalla maggior parte dei paesi mediorientali. Molti di loro sono multi-etnici e multi-religiosi e temono quindi la reazione a catena che potrebbe innescare l’esempio di un Iraq diviso. Lo stesso iran è un paese multi-etnico, dove troviamo curdi, arabi, turchi. Oppure l’Arabia Saudita con i sunniti, gli sciiti e gli
ismailiti, e ancora situazioni simili in Turchia e in Siria”.

Secondo Alfak, il problema rischia però di essere la tenuta interna del Paese. All’ombra dell’avanzata dello Stato Islamico dell’Iraq e del Levante cova una profonda insofferenza, che erode posizione e autorità del premier sciita Nuri Al-Maliki.

“Una buona parte degli stessi sciiti sono avversi ad Al-Maliki – dice ancora Alfak -. Sappiamo che l’ayatollah Sistani ha chiesto agli iracheni di battersi contro quelli che chiama ‘terroristi’. Eppure da due anni si rifiuta di incontrare Al-Maliki. Neanche Ammar Al Hakim, il leader del Supremo Consiglio Islamico Iracheno, sostiene al-Maliki. L’elemento più rilevante è però che Muqtada al-Sadr, che oltre a guidare il movimento sadrista è anche alla testa dell’Esercito del Mahdi, è anche lui avverso ad al-Maliki. E a proposito di quanto accaduto negli ultimi giorni ha detto che ‘ad essere sconfitto, a Mosul, non è stato l’esercito iracheno, ma quello di al-Maliki. Tutti elementi che rivelano divisioni interne al paese molto profonde”.

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