A un anno dal crollo, la tragedia del Rana Plaza continua. In Bangladesh, sotto gli 8 piani della fabbrica del tessile a basso costo, rimasero sepolti 1131 operai. È un anniversario straziante per chi ancora aspetta di recuperare il corpo del proprio caro, come Rashida Begum madre di una lavoratrice:
“Non l’ho più trovata, anche il sangue che ho fornito per risalire a lei attraverso il DNA non corrisponde ad alcuna vittima”.
La maggioranza dei sopravvissuti è ridotta in miseria, difficile trovare un altro lavoro dopo quel maledetto 24 aprile. Reshma è sopravvissuta per miracolo sotto le macerie:
“Non sopporto l’oscurità nella mia camera, la luce è sempre accesa, anche la notte, se è spenta vado in panico. Sembra come se fossi ancora là”.
La tragedia ha acceso i riflettori sulle condizioni disumane dei lavoratori del settore tessile ma non ha cambiato le cose. I salari, nonostante gli aumenti concessi sull’onda dell’emozione sono comunque miseri, l’imperativo resta produrre a bassissimo costo. Anche il fondo di soldarierà per le vittime, varato dai marchi produttori d’abbigliamento, non è decollato, sono stati raccolti solo 16 dei 40 miliardi di dollari promessi.