In una zona, vastissima, dell’Oceano Indiano si lotta contro il tempo. L’obiettivo è tentare di ritrovare il relitto del volo MH370 prima che le scatole nere tacciano per sempre. Perché i dispositivi elettronici emettono segnali soltanto per 30 giorni consecutivi e possono essere rilevati in una zona di due, tre chilometri.
Il Boeing 777 della Malaysia Airlines, diretto a Pechino, decolla lo scorso 8 marzo da Kuala Lumpur 41 minuti dopo la mezzanotte, ora locale. All’01:19, quando il velivolo entra nella zona aerea controllata dalle autorità vietnamite, dalla cabina di pilotaggio arriva l’ultimo messaggio vocale (registrato dai controllori di volo) ‘va tutto bene, buona notte’.
Due minuti dopo il transponder, che fornisce la localizzazione e l’altitudine dell’aereo, è disattivato. Fra l’1:07 e l’1:37 anche il sistema ACARS, che invia coordinate a terra, è disattivato. Alle
2:15, l’aereo viene rilevato, per l’ultima volta, da un radar militare, 200 miglia a nord ovest dalla Malaysia.
Sette ore più tardi un satellite capta un segnale sopra l’Oceano Indiano. Il venti marzo, grazie all’ultimo segnale ‘ping’ lanciato dall’aereo più di sette ore dopo il decollo e raccolto da un satellite Inmarsat, l’area di ricerca si allarga a una zona che dista più di 5000 km dalle coste della Malaysia e 2260 km da Perth.
“È la prima volta – spiega Chris McLaughlin, vicepresidente per le relazioni esterne della Inmarsat – che ci è stato chiesto di localizzare un aereo o una nave sulla base di un solo segnale. Normalmente c‘è una triangolazione, spesso un segnale GPS. Ma dato che in quella regione gli aerei non sono obbligati a inviare segnali relativi alla loro posizione, abbiamo lavorato alla cieca: un approccio davvero nuovo”.
Se gli stessi dati fossero stati disponibili in tempo reale, durante le ore in cui l’aereo veniva dato per scomparso, forse un tentativo di salvataggio sarebbe stato possibile.
“Avrebbero potuto inviare gli aerei di intercettazione – aggiunge Chris McLaughlin – per scoprire cosa stava accadendo. È inconcepibile che l’aereo abbia continuato a non essere monitorato mentre le navi in mare sono tutte obbligate all’identificazione a lungo raggio e a sottostare alle regole in base alle quali ogni sei ore devono riferire la loro posizione”.
L’unica speranza per svelare il mistero del volo MH370 della Malaysia Airlines è ritrovare il relitto e le scatole nere. Quelle del volo Air France Rio de Janeiro-Parigi, che si inabissò nell’Altantico, vennero ripescate solo due anni dopo l’incidente.