Il primo ad aggirare il blocco di Twitter deciso dal premier turco Erdogan, è stato il capo dello stato Abdullah Gul. In un twit ha scritto: “Inaccettabile”.
Infuriato, il capo del governo, dopo che era stato proprio Twitter a diffondere uno stillicidio di intercettazioni sui tanti scandali che lo coinvolgono, aveva promesso vendetta.
La decisione del premier tradisce il nervosismo del momento, ma non produce nessuna conseguenza pratica.
“E’ innegabile che di molti fatti siamo stati informati solo dai social media. Non farli uscire equivale a una censura, e la censura può essere aggirata con l’aiuto dei social media. Questo spiega le reazioni di alcuni settori, davanti al fenomeno”.
Il bavaglio a Twitter suscita stupore e preoccupazione anche in molti cittadini.
“Nel 21. secolo tutto questo è strano. La storia si ripete: ai tempi degli ottomani si metteva al bando la macchina per scrivere, e questo bastava a nascondere i fatti. Ora però questo non è più possibile. Internet non sopporta la censura: se ci provi ci sono molti modi per aggirarla”.
“E’ una decisione sbagliata. Abbiamo la nostra libertà. Nessuno ha il diritto di togliercela. Per me è sbagliato”.
“Poco dopo la messa al bando di Twitter la restrizione è stata aggirata, e la cosa ha tolto ogni senso alla decisione censoria. Una decisione che tuttavia pone un interrogativo sulla libertà di espressione in Turchia”.