La Bosnia è in fiamme. Crisi e corruzione trascinano il Paese nel caos

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Sembra che in Bosnia sia davvero saltato il tappo e la pazienza della popolazione sia finita. Ecco come appariva questo sabato Serajevo, dopo gli scontri delle ultime ore.

Obiettivo delle proteste soprattutto la corruzione e l’inefficienza della classe politica, considerata responsabile dello stallo e dell’immobilismo che ritardano le riforme e il cammino verso l’Europa della Bosnia-Erzegovina.

Il paese è fanalino di coda tra quelli sorti dalla ex Jugoslavia. Il bilancio degli scontri è di centinaia di feriti, oltre 200 solo a Sarajevo, oltre la metà poliziotti, una quindicina dei quali in gravi condizioni.

A Mostar è tornata la calma ma la polizia ha arrestato alcuni responsabili dei disordini, compreso un leader sindacalista. Anche a Tuzla, dove la protesta ha preso il via nei giorni scorsi, non si registrano nuovi incidenti.

Gli esecutivi cantonali di Zenica e Tuzla, secondo le richieste dei dimostranti, si sono comunque dimessi.

Decine gli arresti fra i dimostranti, fra i quali si sono infiltrati gruppi di hooligan del tifo calcistico più violento.

La sede del governo cantonale a Sarajevo è stata completamente distrutta dalle fiamme all’interno.

Non si registrano violenze settarie, ma solo una protesta generalizzata. Mentre per ora la comunità internazionale sembra stare a guardare.

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