Era cominciata con un minuto di silenzio per i morti degli scontri la sessione straordinaria del parlamento ucraino.
Poi l’attenzione si era spostata sul voto per l’abrogazione, a schiacciante maggioranza, della controversa legislazione antiprotesta.
La legislazione permetteva di incolpare di terrorismo chi scendeva in strada a protestare. Il voto sull’amnistia per i manifestanti già arrestati invece, è slittato a mercoledì.
In mattinata erano arrivate le dimissioni del premier Mykola Azarov.
“Le decisioni del parlamento e le mie personali vogliono favorire il compromesso, aveva detto il premier dimissionario, “mi faccio da parte in nome dell’unità e dell’integrità del nostro paese per favorire lo sviluppo della nostra nazione le ambizioni personali passano in secondo piano”.
Il presidente Yanukovitch ha però formalmente accettato le dimissioni solo nel pomeriggio passando le responsabilità al vicepremier Sergiy Arbusov.
In realtà l’opposizione non canta vittoria visto che la richiesta era quella di ritornare a una forma costituzionale pre-2004, quando il peso del parlamento era maggiore, a differenza della repubblica di stampo presidenziale attuale.
Secondo una sostenitrice del presidente però, “Yanukovitch non aveva altra scelta se non quella di fare concessioni o di provocare una guerra civile. Anche se l’ordine per instaurare lo stato d’emergenza è pronto. Manca solo la firma”.
Più che una constatazione, una minaccia.