L’epilogo era nell’aria da tempo, ma Piazza Affari lo ha festeggiato come notizia “col botto” di inizio anno. Così Fiat sale a doppia cifra dopo l’accordo per l’acquisizione del 100% di Chrysler, arrivando a un massimo del +15% nelle prime ore di contrattazione.
E la Borsa milanese ne beneficia tutta, mostrandosi tra le poche positive in Europa, accompagnata solo da piazze di più modesta dimensione. Gli scenari di una prossima fusione fanno bene anche alla cassaforte della famiglia Agnelli, la Exor, con rialzi attorno al 5 per cento.
Una grande vittoria per l’amministratore delegato Sergio Marchionne, che anche stavolta è riuscito a limitare l’esborso “cash”. Per rilevare il rimanente 41,5% della casa americana, Fiat scucirà appena 1,7 miliardi di dollari, mentre 1,9 miliardi arriveranno da un dividendo straordinario Chrysler che sarà interamente girato a Veba, il fondo pensionistico finora comproprietario. La chiusura del dealing, che prevede anche ulteriori 700 milioni da pagare in quattro anni, è prevista per il 20 gennaio.
In totale la Fiat ha pagato, dal 2009 a oggi, 3,7 miliardi di dollari (poco più di 2,7 miliardi di euro). Una cifra risibile rispetto ai 36 miliardi di dollari sborsati da Daimler nel 1998, ma anche ai 7,4 miliardi che il fondo Cerberus mise sul piatto nel 2007 per assicurarsi l’80% della casa americana.
Meno euforia c‘è tra i dipendenti in Italia, preoccupati per un futuro che potrebbe vedere la Fiat andare all’assalto del mondo coi marchi americani e disinteressarsi del Paese d’origine. Il presidente John Elkann ha inviato una lettera nella quale garantisce “l’impegno a offrirvi un futuro sicuro e stimolante, in un ambiente dove lo scambio di esperienze e culture sarà fonte di crescita professionale e personale”. Ma ciò non basta a fugare i dubbi.