Eroi che tornano a casa per gli uni, terroristi e assassini per gli altri. La liberazione questa notte di 26 detenuti palestinesi da parte di Israele è un ulteriore passo lungo il cammino per rilanciare i negoziati di pace in Medio Oriente ma anche un momento in cui le contrapposizioni tra i due popoli emergono più forti che mai.
Due furgoni con a bordo i prigionieri, alcuni dei quali hanno passato fino a 30 anni nelle carceri israeliane, hanno lasciato la prigione di Ofer. Ramallah è la destinazione per 18 di loro; 3, originari della Striscia, tornano a Gaza; altri a Gerusalemme Est. All’accoglienza in un’atmosfera di giubilo ha preso parte anche il Presidente dell’Autorità Nazionale Palestinese Mahmoud Abbas.
La terza ondata di liberazioni intrapresa dal Premier israeliano Benjamin Netanyahu dopo quelle di agosto e di ottobre: 104 le persone rilasciate finora. Liberazioni che scatenano le critiche di molti israeliani.
Come successo ad ottobre scorso, per tentare di arginare le proteste interne e per mantenere il precario equilibrio della bilancia, il governo israeliano potrebbe a breve annunciare la costruzione di nuovi insediamenti. Una politica che ha più volte scatenato le critiche dell’amministrazione Obama. Il Segretario di Stato Americano John Kerry comincia giovedì una nuova visita nella regione per sbloccare il dialogo israelo-palestinese.